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Un saluto riflessivo

Gabriele Rabaiotti
Presidente Consiglio di Zona 6 - 2011-2016


Gentili Consigliere e Consiglieri

Si apre questa sera l’ultima seduta di questa consigliatura. Volevo rubare qualche minuto poiché sento il bisogno di fare, con voi, qualche considerazione. Mi limiterò a rileggere il percorso fatto insieme; non vuole essere un discorso elettorale (quante cose abbiamo fatto, quante cose potevamo fare, quante cose speravamo di fare o, ancora più furbescamente, quante cose hanno fatto altri ma è meglio dire che le abbiamo fatte noi).

Mi piacerebbe che ci soffermassimo sul nostro ruolo, sulla funzione di questo decentramento (prossimo, speriamo, ad un processo di cambiamento), sul nostro modo di lavorare. Potremmo chiamarla una riflessione interna.

Non è stato facile ma ritengo che le sere che abbiamo trascorso qui a discutere, confrontarci, qualche volta a litigare e poi a decidere hanno mostrato, non senza fatica, un modo di fare politica. Pur dentro l’insoddisfazione e la frustrazione alimentate dal non essere nella condizione di dare facilmente risposta ai cittadini e ai problemi che ci venivano presentati o che noi stessi rilevavamo nei quartieri e pur dentro alle dinamiche di contrapposizione tra le parti (non sempre comprensibili), sento di poter dire che abbiamo fatto un bel lavoro!

E’ stato un lavoro che si è arricchito proprio grazie al confronto che avveniva in Commissione e poi in Consiglio. Lo abbiamo visto: quando siamo riusciti a sviluppare uno scambio sui contenuti e sulle cose da fare abbiamo prodotto decisioni mediamente migliori.

Abbiamo misurato uno spazio di partecipazione , forse, di democrazia o di qualche cosa che ha provato ad assomigliargli. Nessuno di noi può scappare dal cittadino che gli abita accanto, che attraversa con lui la strada, che passeggia nel parco, che si affianca sull’autobus. Noi siamo vicini alla domanda ed è difficile scappare da questo compito, quello di dover dare una risposta, almeno di provarci. Questo essere vicini, essere prossimi scalda gli animi, a volte aumenta la temperatura del dibattito e del conflitto ma permette un forma di controllo diretto della nostra azione. I cittadini che hanno partecipato in questi anni (e che ringrazio per la pazienza con cui ci hanno seguito) hanno visto in faccia chi votava e cosa votava, hanno ascoltato i nostri interventi, hanno colto il nostro pensiero sulla realtà. Ora ci conoscono di più e meglio; il loro voto diventa più consapevole, il loro esercizio di democrazia non si risolve solo nel voto ma altri spazi e altre possibilità si delineano come campi praticabili.

Per questi motivi (e anche per altri che qui non ho tempo di riportare) ritengo che il Consiglio di Zona sia l’ultimo baluardo, per quanto sgangherato e assolutamente migliorabile, sia l’ultimo baluardo partecipativo e di democrazia vicina. Sbagliano dal centro a non considerarlo come rilevante e sbagliamo noi se non affermiamo la sua centralità, se non affermiamo la paradossale centralità del decentramento. Qui abbiamo visto abitanti dei quartieri, associazioni, organizzazioni che intervengono nella città e qui li abbiamo incontrati e conosciuti. Non nelle segrete stanze, non nella relazione del favore (che chiede di essere restituito in qualche modo) ma nell’aula pubblica, nella sede dell’istituzione pubblica. Vi ho sempre detto che da qui poco si poteva fare e ne sono ancora convinto e spero per questo che domani da qui molto di più possa essere fatto ma in questi cinque anni non ci siamo fermati nella nostra impotenza e neanche ci siamo limitati alla rivendicazione contro un centro che non ascoltava e faceva altro (cosa peraltro non sempre vera) ma abbiamo cercato di costruire una relazione e un rapporto che risultassero utili a costruire risposte più coerenti con le nostre indicazioni e con i nostri indirizzi. Abbiamo fatto le staffette e questo potevamo fare per riuscire ad essere più utili ai cittadini di questa parte di città. Io ho fatto la staffetta con la mia bicicletta e forse per questo lascio stremato; credo di non avere il fisico.

Anche per queste ragioni ringrazio tutti voi. Certo potevamo fare di più e meglio. E’ sempre così. Ma chiudo questo mandato dicendovi che ce l’abbiamo messa tutta e sono convinto che quanto siamo riusciti a fare, tanto o poco che sia, è l’esito di questo lavoro fatto insieme, non solo come maggioranza ma anche come opposizione. Cosa è infatti la democrazia se non la cura delle minoranze, di tutte le minoranze e la possibilità di dare a queste la voce?

Ringrazio le Presidenti e i Presidenti di Commissione che hanno alimentato instancabilmente questo luogo di discussione e decisione, ringrazio i capigruppo che hanno avuto il compito di rendere questi incontri in aula produttivi, ringrazio il personale che ci ha pazientemente affiancato, il Direttore, i funzionari e i dipendenti tutti che hanno condiviso con noi questo tentativo quasi impossibile di poter fare di più di quello che il mandato istituzionale ci consegnava.

Ai consiglieri che si ricandidano per proseguire questa avventura o iniziarne di nuove faccio un ‘in bocca al lupo’ e un buon proseguimento di lavoro; a coloro che non si ricandidano l’augurio di trovare nel tessuto vivo della città nuove occasioni per occuparsi dell’interesse pubblico e per essere utili e di aiuto a chi ha meno.
Milano, 20 aprile 2016